PROPOSTA DE ATUALIZAÇÃO LINGÜÍSTICA PARA TEXTOS ANTIGOS.

A POSSIBILIDADE DE UMA PHILIA DIALÓGICA.

Alcebíades Arêas

Delia Cambeiro

I - PROPOSIÇÃO DE TRABALHO

Uma questão instigante para os docentes do setor de Italiano da UERJ, do ponto de vista de uma abordagem multidisciplinar, auxiliada pela Teoria e História Literárias, além da História das Mentalidades é, muitas vezes, o estudo dos textos canônicos das origens à Idade Média escritos “in volgare”, pois causam aos alunos sérias dificuldades para serem decodificados.

Devido a uma série de especificidades lingüísticas, dentre outras, a herança da estrutura morfossintática e lexical do latim, além das variantes regionais já existentes à época na “Penisola” Itálica, faz-se necessária, no maior tempo consagrado às aulas, e por parte dos professores, uma atualização do referido material ao italiano da atualidade. Em geral, o programa de Literatura I tem como um de seus objetivos refletir sobre a evolução lingüística do citado período. Porém, mesmo que a etapa de estudo da língua anteceda a de sensibilização poética, a importância literária do texto antigo acaba sendo minimizada, pois, na maior parte do tempo, sacrificam-se as aulas de Literatura, em honra apenas do conteúdo filológico.

Muitas vezes, para o devido equilíbrio pedagógico, precisa-se atualizar - “aggiornare” - os citados textos, criar uma forma de acesso desprovida daquelas dificuldades de ordem lingüística. Com isso, consegue- se realizar, com tempo, uma análise literária competente, séria e desvinculada do estudo verticalizado da língua.

Em contrapartida, é também importante não se tratar o texto apenas como criação poética desvinculada do processo lingüístico, pois a mímesis literária é alcançada através da tensão estabelecida entre língua, entendida como código, e linguagem, na concepção teórica de E.Portela a força propulsora da criação.

Assim, o projeto de se tecer, em italiano atual, os textos fundadores daquela que é uma das grandes literaturas do Ocidente visa a uma propedêutica preparatória às indagações da função poética da língua. Melhor dizendo, objetiva-se com tal metodologia facilitar o acesso ao mundo da criação poética. Em síntese, o que se busca é atingir a philia dialógica, harmônica, complementar e não excludente, entre língua e literatura, pois esta é urdida por palavras que não estão em pregadas sem nenhum préstimo.

Não se pretende com o “aggiornamento” trair ou mesmo subestimar a beleza do texto inicial, ainda mais em se tratando de documentos literários fundadores não só da cultura italiana, mas do Ocidente. Portanto, durante o trabalho de atualização lingüística, no exercício da escolha da palavra a ser empregada hoje, considerou-se a intencionalidade de quem escreveu o texto de partida. No caso específico do material apresentado neste artigo como sugestão de estudo, também o autor medieval “atualizou” para a língua escrita da época, o conteúdo lingüístico de uma prédica, certamente eivada de termos e de expressões do registro oral.

Tais pregações, dirigidas ao povo, às camadas dos desfavorecidos sociais, sem acesso ao mundo da cultura letrada, tinham um caráter persuasivo, didático. Os leitores dos séculos XIII, irmanados na mesma herança cultural e histórica, precisavam encontrar a língua e a linguagem próprias de sua comunidade de destino. Deveriam, assim, após a morte do santo, ler e imaginar o que ele havia dito, com todo o realismo possível, mas sem trair, evidentemente, suas palavras.

Assim, com base nestes questionamentos iniciais, propõe-se uma reflexão da famosa “Predica agli uccelli”, primeiramente, no original e, a seguir, em forma já atualizada.

 

II - TEXTO MEDIEVAL

 

LA PREDICA AGLI UCCELLI

San Francesco, nei primi tempi del suo apostolato, entrò in grande pensiero e dubitazione di quello che dovesse fare, se pregare in solitudine o andare in giro a predicare il nuovo Evangelo della povertà, della carità, dell’amore. Mandò Frate Masseo a chieder consiglio a Santa Chiara e a Frate Silvestro. Frate Masseo tornò con la risposta.

...E dopo il mangiare santo Francesco chiamò frate Masseo nella selva, e quivi dinanzi a lui si inginocchiò e trassesi il cappuccio, facendo croce delle braccia, e domandollo: - che comanda ch’io faccia il mio signore Gesù Cristo? - Risponde frate Masseo: - Sí a frate Silvestro, sí a suora Chiara e alla sirocchia, Cristo avea risposto e rivelato che la sua volontà si è che tu vadi per lo mondo a predicare, perocché egli non t’ha eletto pur per te solo, ma eziandio per la salute degli altri. - Allora santo Francesco, udito ch’ebbe questa risposta e la volontà di Cristo si levò su con grandissimo fervore e disse: “Andiamo, al nome di Dio”; e prende per compagno frate Masseo e frate Agnolo, uomini santi. Et andando con empito di spirito sanza considerare via o semita, giunsono a un castello che si chiamava Cannario e santo Francesco si puose a predicare, comandando prima alle rondini che cantavano ch’elle tenessino silenzio insino a tanto ch’egli avesse predicato: e le rondini l’ubbidirono. Et ivi predicò in tanto fervore, che tutti gli uomini e le donne di quel castello per divozione gli volevano andar dietro et abbandonare il castello. Ma santo Francesco non lasciò, dicendo loro: “Non abbiate fretta e non vi partite: et io ordinerò quello che voi dobbiate fare per salute delle anime vostre”. Ed allora pensò di fare il terzo Ordine per universale salute di tutti. E cosí lasciandoli molto consolati e bene disposti a penitenzia, si partí indi, e venne tra Cannario e Bevagno. E passando oltre con quello fervore, levò gli occhi e vide alquanti arbori allato lla via, in su’ quali erano quasi infinita moltitudine d’uccelli; di che santo Francesco si maravigliò e disse a’ compagni: “Voi m’aspetterete qui nella via et io andrò a predicare alle mie sirocchie uccelli”. Et entrato nello campo cominciò a predicare alli uccelli ch’erano in terra; e subitamente quelli ch’erano in su gli arbori vennono a lui, et insieme tutti quanti istettono fermi, mentre che santo Francesco compié di predicare; e poi anche non si partivano, insino a tanto ch’elli diede loro la benedizione sua. E secondo che recitò poi frate Masseo a frate Iacopo da Massa, andando santo Francesco fra loro e toccandoli colla cappa, niuno però si movea. La sustanza della predica di santo Franceco fu questa: “Sirocchie mie uccelli, voi siete molto tenuti a Dio vostro creatore, e sempre et in ogni luogo il dovete laudare, imperò ch’elli v’ha dato libertà di volare in ogni lato, anche v’ha dato il vestimento duplicato e triplicato; appresso, perch’elli riservò il seme di voi nell’arca di Noè, acciocché la spezie vostra non venisse meno nel mondo: ancora gli siete tenuti per lo elemento della aria che egli há diputato a voi. Oltre a questo, voi non seminate e non mietete; et Iddio vi pasce e davvi i fiumi e le fonti per vostro bere, e davvi i monti e le valli per vostro rifugio, e li alberi alti per fare il vostro nido e, conciossiacosaché voi non sappiate filare né cucire, Iddio veste voi e’ vostri figliuoli; onde molto v’ama il creatore poich’elli vi dà tanti benefici, e però guardatevi, sirocchie mie, del peccato della ingratitudine, ma sempre vi studiate di lodare Iddio”. Dicendo loro santo Francesco queste parole, tutti quanti quelli uccelli cominciarono ad aprire i becchi, a stendere i colli, ad aprire l’alie, e reverentemente chinare i capi infino a terra, e con atti e con canti dimostrare che le parole del padre santo davano a loro grandissimo diletto. E santo Francesco insieme con loro si rallegrava e dilettava e maravigliavasi molto di tanta moltitudine d’uccelli e della loro bellissima varietà e della loro attenzione e familiarità; per la qual cosa egli in loro divotamente lodava il creatore. Finalmente, compiuta la predicazione, santo Francesco fece loro il segno della croce e diede loro licenza di partirsi; et allora tutti quelli uccelli in ischiera si levarono in aria con maravigliosi canti; e poi, secondo la croce che avea fatto loro santo Francesco, si divisonol in quattro parti; l’una parte volò verso l’oriente, l’altra verso l’occidente, la terza verso il meriggio, la quarta verso l’aquilone, e ciascuna schiera andava cantando maravigliosamente; in questo significando che, come da santo Francesco Golfaloniere della croce di Cristo era istato a loro predicato, e sopra loro fatto il segno della croce, secondo il quale egli si dividevano cantando in quattro parti del mondo; cosí la predicazione della croce di Cristo rinnovata per santo Francesco si dovea per lui e per li suoi frati portare per tutto il mondo; i quali frati, a modo che uccelli, non possedendo alcuna cosa propria in questo mondo, alla sola provvidenza di Dio commettono la lor vita. A laude de Cristo. Amen.

 

III - TEXTO ATUALIZADO

 

LA PREDICA AGLI UCCELLI

San Francesco, nei primi tempi del suo apostolato, entrò in grande pensiero e dubitazione di quello che dovesse fare, e pregare in solitudine o andare in giro a predicare il nuovo Evangelo della povertà, della carità, dell’amore. Mandò Frate Masseo a chieder consiglio a Santa Chiara e a Frate Silvestro. Frate Masseo tornò con la risposta.

...E dopo il mangiare San Francesco chiamò Frate Masseo nella selva e lì, dinanzi a lui, si inginocchiò e si tolsi il cappuccio, facendo croce delle braccia e domandandogli: “Che desidera che io faccia il mio signore Gesù Cristo?”. Risponde Frate Masseo: “Sia a Frate Silvestro, sia alla Suora Chiara e sua sorella, Cristo aveva risposto e rivelato che la sua volontà è che tu vada per il mondo a predicare, poiché egli non t’ha eletto pur per te solo, ma anche per la salute degli altri”. E allora San Francesco, udendo questa risposta e conoscendo la volontà di Cristo, si levò su con grandissimo fervore e disse: “Andiamo in nome di Dio”. E prende per compagni Frate Masseo e Frate Agnolo, uomini santi.

E andando con empito di spirito, senza considerare via o sentiero, giunsero a un castello che si chiamava Cannario. E San Francesco si pose a predicare, chiedendo prima alle rondini che facessero silenzio finché non ne avesse finito. E le rondini gli ubbidirono. E lì predicò con tanto fervore che tutti gli uomini e le donne di quel castello, per devozione, gli volevano accompagnare e abbandonare il castello. San Francesco comunque rifiutò l’idea, dicendo loro: “Non abbiate fretta e non ne partite e io ordinerò quello che dobbiate fare per la salute delle vostre anime”. E allora pensò di fare il terzo ordine per l’universale salute di tutti. E così, lasciandoli molto consolati e ben disposti in penitenza, ne partì e venne tra Cannario e Bevagno.

E, passando oltre con quel fervore, levò gli occhi e vide parecchi alberi accanto alla via, sui quali c’era quasi una infinita moltitudine d’uccelli. Allora San Francesco se ne meravigliò e disse ai suoi compagni: “Voi mi aspetterete qui nella via e io andrò a predicare alle mie sorelle uccelli”. E, essendo entrato nel campo, cominciò a predicare agli uccelli che erano a terra. E, subitamente, quelli che erano sugli alberi vennero e, insieme, tutti quanti stettero fermi, mentre San Francesco predicava. E ci rimasero ancora, fino a quando San Francesco non diede loro la benedizione. E, secondo quello che raccontò poi Frate Masseo a Frate Iacopo da Massa, San Francesco camminò fra gli uccelli e li toccò con il suo mantello, senza che nessuno si muovesse. La sostanza della predica di San Francesco fu questa: “Sorelle mie uccelli, voi siete molto cari a Dio vostro creatore e, sempre e in qualsiasi luogo, lo dovete lodare. Perciò Egli vi ha dato libertà di volare in tutte le direzioni; vi ha dato anche il vestimento duplicato e triplicato. E, poi, perché Egli riservò il vostro seme nell’arca di Noè, affinché la vostra specie non scomparisse dalla terra. E, ancora, Gli siete cari per l’elemento dell’aria che Egli vi ha assegnato. Oltre a ciò, voi non seminate né mietete, quindi, Iddio vi pasce e vi dà i fiumi e le fonti per il vostro bere. E vi dà anche i monti e le valli per il vostro rifugio e gli alberi alti per il vostro nido. E, poiché voi non sappiate filare ne cucire, Iddio veste voi e i vostri figlioli. E perché vi ama molto il Creatore, dandovi tanti benefici, guardatevi, sorelle mie, dal peccato dell’ingratitudine e sforzatevi sempre di lodare Iddio”. E, dopo che San Francesco ha detto loro queste parole, tutti gli uccelli cominciarono ad aprire i becchi, a stendere le ali e, reverentemente, a chinare i capi fino a terra. E, con atti i canti, dimostrarono che le parole del padre santo davano a loro grandissimo diletto. E San Francesco, insieme ad essi, si rallegrava e dilettava; si meravigliava molto di tanta moltitudine d’uccelli e della loro bellissima varietà e della loro attenzione e familiarità. Perciò, in essi, San Francesco, con devozione, lodava il Creatore. Finalmente, compiuta la predicazione, San Francesco fece il segno della croce e diede loro licenza perché partissero. E, allora, tutti quegli uccelli in schiera si levarono in aria con meravigliosi canti. E, poi, secondo la croce che aveva fatto loro San Francesco, si divisero in quattro parti: l’una volò verso l’Oriente, l’altra verso l’Occidente, la terza verso il Sud e la quarta verso il Nord. E ogni schiera volava cantando meravigliosamente. Ciò significava che, come quanto era stato predicato agli uccelli da San Francesco Golfaloniere della croce di Cristo, facendo loro il segno della croce, secondo il quale si divisero cantando verso le quattro parti del mondo, la predicazione della croce di Cristo, rinnovata da San Francesco, doveva essere portata, da lui e dai suoi fratelli, per tutto il mondo. E che i frati, così come gli uccelli, non possedendo niente di proprio in questo mondo, affidano la loro vita unicamente alla provvidenza di Dio. In lode di Cristo, Amen.

 

IV - ALGUMAS REFLEXÕES LINGÜÍSTICAS

Constata-se, apenas começada a leitura, que o texto apresenta marcas reveladoras de sua proximidade com o registro popular do final do século XIII, início do XIV. Trata-se, sem dúvida, como já foi comentado, anteriormente, de um texto veiculado pela tradição oral e que, a posteriori, segundo os estudiosos, fora escrito por um frade, amigo de São Francisco de Assis, de cuja identidade, porém, nada restou de comprobatório.

Reforçando a tese de que seu autor procurou manter-se fiel à fonte, também no tocante à forma, chama-se a atenção para o predomínio da parataxe e, conseqüentemente, para a ausência de períodos mais complexos, mais elaborados, do ponto de vista sintático. De fato, durante o processo de atualização, modificaram-se os parágrafos muito longos, apontando mais uma vez para a oralidade. A pontuação excessiva, ainda não devidamente sistematizada, obedece, sem dúvida, ao ritmo da fala. Chama-se a atenção para os conectores che / e - com as variantes et / ed - empregados de forma abusiva, dificultando bastante a compreensão da mensagem.

Não passa despercebida, ainda, a interferência do latim vulgar, língua falada no Império Romano pelas classes menos privilegiadas. Tal ocorrência evidencia-se na pontuação próxima ao ritmo da fala quotidiana. Também no emprego de vocábulos como “sirocchia”, “semita”, “eziandio” e “arbori”, entre outros. Optou-se, com base na etimologia, pelo emprego de “sorella”, “sentiero”, “anche’, “alberi”.

Quanto à colocação pronominal, preferiu-se alternar o uso da ênclise e da próclise, o que enfatiza os pronomes átonos, segundo G. Berrutto. Procurou-se eliminar o emprego excessivo de dove, utilizado como relativo -confirmando mais uma vez o caráter oral do texto - substiuindo-o pelas formas che, cui, il quale.

Já os pronomes pessoais de 3a pessoa do singular e plural, do caso reto, oscilam consideravelmente, pois apresentam-se nas formas elli, para o masculino plural, egli e il, para o masculino singular. Ocorre ainda uma alternância no uso do artigo definido masculino, registrando-se lo / li para o singular e li /i /gli para o plural.

Outro aspecto importante a ser assinalado, com relação sempre aos pronomes, é a não diferenciação dos casos direto e indireto, problemas ligados à regência verbal. Como exemplos tem-se: domandollo e l’ubbidirono. No que respeita os pronomes indefinidos, no caso específico “niuno”, bem próximo da forma original latina, foram atualizados com o objetivo de clareza semântica.

Em relação às preposições e às conjunções, nota-se no texto antigo uma variação constante no uso, ora tendem ao latim, ora ao “volgare”. É importante assinalar que tal fenômeno ocorre também com os advérbios de lugar, dentre os mais freqüentes quivi, ivi e indi.

Cabe ainda mostrar a grande instabilidade no que se refere à padronização das maiúsculas, presente sobretudo nos elementos de coesão referencial, tais como Dio, san Francesco e santo Masseo.

Buscou-se atualizarem-se os verbos tanto no tocante ao campo semântico, quanto ao que se refere à ortografia de alguns tempos e modos. Isto ocorre principalmente com os verbos irregulares, cuja atualização vêm a seguir: avea/aveva, vadi/vada, giunsono/giunsero, tenessino/tenessero, venono/.vengono, istettono/stettero.

No sentido da leitura e da compreensão, mostrou-se mais coerente atualizarem-se alguns verbos como comandare, guardare, andare, que apresentam atualmente outros significados, diversos daqueles do texto de partida.

É marcante, ainda, a tendência à regularização de verbos irregulares como venire, stare, giungere, andare, que seguem o paradigma dos verbos regulares, formadores da 2ª e 3a conjugações, portadores da desinência -ono para a 3a pessoa do plural. Dá-se o mesmo fenômeno com o subjuntivo presente vadi, que se segue o paradigma da 1ª conjugação regular, constatando-se, portanto, mais uma vez, a insistência da linguagem oral. A seguir, apresentam-se as formas registradas e sua atualização, no texto de chegada: venono/vengono, stettono/stettero, giunsono/giunsero e, finalmente, vadi/vada.

Cabe explicar a permanência da forma predica, visto que esta palavra norteia a essência da mensagem franciscana, universalizada no texto escrito como Predica agli uccelli.

Assim, dentre outros não relacionados, esses são os poucos exemplos de um considerável número de fenômenos percebidos a partir do exame exaustivo a que se procedeu para atualização lingüística do texto La predica agli uccelli.

 

V - CONSIDERAÇÕES FINAIS

Para a atualização lingüística do texto anteriormente reproduzido, realizaram-se, primeiramente, estudos de autores especializados em tradutologia. Portanto, pode-se afirmar que este trabalho tem como base a teoria correlativa e comunicativa de Peter Newmark.

Segundo o teórico, o tradutor deve encontrar um método adequado para traduzir cada tipo específico de texto, relacionando-o com uma teoria funcional da linguagem. Ele considera importante, também, que o tradutor acrescente ao texto traduzido os conhecimentos adquiridos durante o processo tradutório. Com relação a La predica agli uccelli, encaminhou-se o trabalho sob tal visão teórica.

No texto de partida medieval, eliminou-se qualquer possibilidade de proceder ao que já se convencionou chamar “tradução literal”. Mesmo que se trate de uma atualização, visando a facilitar o acesso ao texto antigo, manteve-se a fidelidade da mensagem, não a da estrutura. Tal fidelidade foi observada, ainda sob orientação de P. Newmark, nos mesmos padrões da época em que foi escrito. Suas concepções baseiam-se nas funções da linguagem de Bühler e foram adaptadas por R.Jakobson. Porém, o aspecto cultural foi assegurado e sua funcionalidade procurou ser coerente com o mundo do leitor hodierno. Com respeito aos preceitos do citado especialista, certamente inspirado nas teses da estética da recepção, optou-se pela tradução semântico-comunicativa, dinamizadora na linguagem moderna da interação entre autor e leitor.

Também C.Nord critica a tentativa de restabelecerem-se no texto traduzido, ou atualizado, as mesmas funções presentes no texto original. Para ela, o texto de partida e o de chegada não possuem, absolutamente, a mesma proposta, pois o horizonte de expectativas de um leitor do século XX, não é o mesmo daquele do “Trecento”, por exemplo.

Com a proposta renovadora desses dois teóricos, rompe-se, assim, a falsa ilusão de simetria que nasce do suposto empenho em manter a função do texto de partida no texto de chegada. Ou seja, o efeito é diverso para os leitores originais e para os da tradução - no caso deste trabalho, da atualização. Deve-se citar, finalmente, a influência funcionalista que nortearam este artigo, centrada no conceito retórico de skopos, formulado por Hans J. Vermer e definido como o propósito do texto na situação comunicativa em que se inscreve.

Finalmente, reafirma-se a intenção dos autores, professores de Literatura e Língua Italianas da UERJ, de atualizarem-se textos antigos visando à didática, a um skopos de características propedêuticas. Tais objetivos, porém, não excluem - ao contrário, só acrescentam - a possibilidade do projeto colaborar para uma pesquisa sobre a teoria da tradução. Assim, reacende-se o princípio harmônico e includente de uma dialética philia dialógica.

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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